Nelle ultime settimane i paesi del Nordafrica – Tunisia e Algeria su tutti – sono stati incendiati da manifestazioni di piazza e proteste contro il caro-vita e la povertà: le rivolte del pane.
La repressione è stata durissima, soprattutto in Tunisia: decine di morti ammazzati dalla polizia, centinaia di arresti, l’esercito nelle strade, coprifuoco al tramonto.
La Repubblica tunisina risponde con la violenza alle rivendicazioni di un popolo affamato di pane e di libertà.
La crisi economica morde tutti, specialmente i più poveri. Quello che sappiamo della Tunisia si limita spesso alle immagini da cartolina: villaggi vacanze e suggestive visite guidate tra le oasi del deserto. La dura realtà, invece, è quella di un paese economicamente arretrato, specialmente nelle zone interne e meridionali, con un tasso di disoccupazione giovanile altissimo. Nonostante un buon livello di istruzione, i diplomati e i laureati tunisini non riescono a trovare lavoro e sono costretti a emigrare. Sono quegli stessi ragazzi che si imbarcano alla volta dell’Italia, che si umiliano a spaccarsi la schiena nella clandestinità delle leggi razziste e poi finiscono nel mirino della repressione nel nostro paese.
In Tunisia i prezzi dei generi alimentari sono schizzati alle stelle. Per questo è scoppiata la rivolta. Ma in Tunisia c’è anche fame di libertà. Da venticinque anni, infatti, il paese è dominato da una dittatura mascherata da repubblica presidenziale guidata da Ben Alì, un personaggio che tiene in pugno ogni aspetto della vita sociale e politica del paese. In Tunisia non c’è libertà di stampa e di opinione, internet è censurata, la polizia controlla tutto e tutti.
La rivolta del pane e della libertà in Tunisia è anche una rivolta contro la capillare corruzione del sistema, una corruzione che non consente il libero sviluppo delle potenzialità di una società giovane ma senza futuro.
Dopo alcuni giorni di conflitto, sembra che il popolo tunisino abbia ottenuto alcune prime importanti vittorie: Ben Alì ha annunciato il controllo sui prezzi degli alimenti, ha rimosso il ministro dell’interno, ha ordinato il cessate il fuoco, ha promesso libertà di stampa e di opinione, ha promesso che non si ricandiderà alle prossime “elezioni”. Vedremo.
Intanto, i ceti politici e gli organi di stampa europei cercano di criminalizzare la rivolta tunisina agitando lo spauracchio del terrorismo islamico: segno evidente del nervosismo con cui le élites occidentali osservano i fermenti che mettono in discussione i rapporti di forza in questa parte del mondo.
Noi, invece, esprimiamo tutta la nostra solidarietà internazionalista alle donne e agli uomini che in Tunisia, e in tutto il Maghreb, stanno lottando per il pane e la libertà, per la dignità e il futuro. Le lotte dei popoli sono anche le nostre lotte: contro gli stati, contro i governi, contro i padroni, per la rivoluzione sociale oltre ogni frontiera.
Coordinamento Anarchico Palermitano
La repressione è stata durissima, soprattutto in Tunisia: decine di morti ammazzati dalla polizia, centinaia di arresti, l’esercito nelle strade, coprifuoco al tramonto.
La Repubblica tunisina risponde con la violenza alle rivendicazioni di un popolo affamato di pane e di libertà.
La crisi economica morde tutti, specialmente i più poveri. Quello che sappiamo della Tunisia si limita spesso alle immagini da cartolina: villaggi vacanze e suggestive visite guidate tra le oasi del deserto. La dura realtà, invece, è quella di un paese economicamente arretrato, specialmente nelle zone interne e meridionali, con un tasso di disoccupazione giovanile altissimo. Nonostante un buon livello di istruzione, i diplomati e i laureati tunisini non riescono a trovare lavoro e sono costretti a emigrare. Sono quegli stessi ragazzi che si imbarcano alla volta dell’Italia, che si umiliano a spaccarsi la schiena nella clandestinità delle leggi razziste e poi finiscono nel mirino della repressione nel nostro paese.
In Tunisia i prezzi dei generi alimentari sono schizzati alle stelle. Per questo è scoppiata la rivolta. Ma in Tunisia c’è anche fame di libertà. Da venticinque anni, infatti, il paese è dominato da una dittatura mascherata da repubblica presidenziale guidata da Ben Alì, un personaggio che tiene in pugno ogni aspetto della vita sociale e politica del paese. In Tunisia non c’è libertà di stampa e di opinione, internet è censurata, la polizia controlla tutto e tutti.
La rivolta del pane e della libertà in Tunisia è anche una rivolta contro la capillare corruzione del sistema, una corruzione che non consente il libero sviluppo delle potenzialità di una società giovane ma senza futuro.
Dopo alcuni giorni di conflitto, sembra che il popolo tunisino abbia ottenuto alcune prime importanti vittorie: Ben Alì ha annunciato il controllo sui prezzi degli alimenti, ha rimosso il ministro dell’interno, ha ordinato il cessate il fuoco, ha promesso libertà di stampa e di opinione, ha promesso che non si ricandiderà alle prossime “elezioni”. Vedremo.
Intanto, i ceti politici e gli organi di stampa europei cercano di criminalizzare la rivolta tunisina agitando lo spauracchio del terrorismo islamico: segno evidente del nervosismo con cui le élites occidentali osservano i fermenti che mettono in discussione i rapporti di forza in questa parte del mondo.
Noi, invece, esprimiamo tutta la nostra solidarietà internazionalista alle donne e agli uomini che in Tunisia, e in tutto il Maghreb, stanno lottando per il pane e la libertà, per la dignità e il futuro. Le lotte dei popoli sono anche le nostre lotte: contro gli stati, contro i governi, contro i padroni, per la rivoluzione sociale oltre ogni frontiera.
Coordinamento Anarchico Palermitano
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