mercoledì 23 marzo 2011

SOLO DOLORE

I compagni s’erano pure loro fatti indietro, tranne uno, che era rimasto a terra. Massimo decise che quello avrebbe pagato per tutti e fece scattare la sua lama, il braccio lungo sulla gamba. Il compagno stava cercando di tirarsi in piedi, i suoi l’avevano lasciato, quando in due balzi Massimo l’aveva raggiunto affondando il coltello nel gluteo pieno. «Così non ti dimentichi» gli aveva sussurrato, quasi a scusarsi, prima di andare.

Tratto da: D. Di Tullio, Nessun Dolore - una storia di CasaPound, Rizzoli, 2010, pag. 73.

Poche righe, ma molto chiare. Il Massimo che accoltella un antifascista in terra dopo uno scontro notturno è un militante neofascista. Grande coraggio e senso dell’onore.

Eppure, il romanzo che racconterebbe nascita e sviluppo di CasaPound è scritto bene (nulla di memorabile, ma quanto basta per filare via liscio), e si può considerare un’astuta operazione di propaganda.
Un po’ come tutto il progetto di CasaPound, d’altronde: vecchi arnesi del neofascismo italiano che affondano a piene mani nel linguaggio, nei temi e perfino nella simbologia della sinistra antagonista da mischiare con i classici cavalli di battaglia della destra radicale: senso di appartenenza, onore, fedeltà, nazionalismo, razzismo, sessismo, violenza. Niente di nuovo, in verità: il motto di Terza Posizione recitava proprio “né destra né sinistra”, un po’ come quando Blocco Studentesco blatera nei cortei “né rossi né neri ma liberi pensieri”.

La confusione è quello che serve ai fascisti di CasaPound per pescare nel torbido. E per rivelarsi quello che sono: opportunisti che rivendicano una natura rivoluzionaria, ma che puntualmente ricorrono alla protezione dei politici e delle forze dell’ordine per portare avanti le loro infamità. E poi c’è il vizietto, sempre duro a morire, di usare le parole a sproposito:

Dalla Santa Teppa, il nucleo originale di fasci eretici e anarchici insofferenti, è nato il gruppo degli Zetazeroalfa, e quindi tutto quello che è venuto dopo, compresi CasaPound e, ora, il giovane Blocco Studentesco.

Tutto il libro di Domenico Di Tullio è un continuo strizzare l’occhio all’antagonismo, alla presunta natura proletaria del fascismo anche quando i loro militanti provengono dall’agiata borghesia romana. E poi muscoli e botte, palestra e sudore, cameratismo e aggressioni, obbedienza e culto del capo. E se uno di loro sbaglia ad attaccare un manifesto, saranno di certo flessioni su flessioni di punizione.

Nessun dolore è una grossa bugia. Un libro di propaganda travestito da operazione culturale o di costume. Un testo in cui antifascisti, immigrati, donne, omosessuali sono più volte insultati con battute a effetto impregnate di qualunquismo. Un lettore poco informato sulla realtà delle cose, sugli atti criminali perpetrati da CasaPound, rischia di rimanere affascinato.

Noi, che i libri li leggiamo, non possiamo che disprezzare ancora di più il fascismo dopo la lettura di questo testo. C’è solo dolore in queste pagine: il dolore di chi mortifica l’umanità.

COORDINAMENTO ANARCHICO PALERMITANO